Ormai è assodato, l’approccio Cloud First è imperante. Ma attenzione, non lo diciamo noi. Lo dicono i numeri, gli studi, le statistiche. Tanto per iniziare ne citeremo uno di rilievo internazionale e andremo negli States: secondo il “2022 Technology Spending Intentions Survey” condotto dalla divisione Enterprise Strategy Group (ESG) di TechTarget, quest’anno oltre il 60% delle organizzazioni prevede di aumentare la propria spesa sia per le applicazioni Cloud pubbliche che per i servizi infrastrutturali, contro il 47% che prevede di spendere di più sull’infrastruttura del data center.
Inoltre, il 44% degli intervistati ha affermato che la propria azienda ha una politica Cloud-First per la distribuzione di nuove applicazioni, a meno che non ci sia un motivo convincente per eseguirle in locale.
Basti pensare che la società di consulenza e ricerche di mercato Gartner prevede che l’inclinazione al Cloud diventerà molto più pronunciata nei prossimi anni: ha previsto che oltre l’85% delle aziende adotterà un approccio cloud-first entro il 2025.
Ma non serve andare troppo lontano. Possiamo rimanere in Italia dove secondo i dati degli “Osservatori Digital Innovation” del Politecnico di Milano, la spesa complessiva in Cloud si è attesta a 3,84 miliardi di euro nel 2021, in crescita del 16% rispetto al 2020 malgrado la pandemia. La componente di public e hybrid cloud è quella che è cresciuta di più, toccando i 2,39 miliardi di euro, in crescita del +19%.
Potremmo citare decine di aziende a cui non importa se un’applicazione viene eseguita in locale o nel Cloud. “Non mi interessa dove lo metti: nel data center o nel cloud. Si tratta di fornire valore… e farlo il più rapidamente possibile”, ha affermato Matt Postulka, CIO della Federal Reserve Bank di Boston.
Ma cos’è un approccio Cloud First? Cosa vuol dire? Significa aver disegnato una strategia precisa per sfruttare il Cloud su larga scala per migrare in tutto, o in buona parte, le applicazioni e l’infrastruttura di core business sulle piattaforme di Cloud pubblico, privato o ibrido.
L’altra notizia che possiamo fornire con certezza è che c’è interesse a incentivare l’adozione del Cloud da parte del 46% dei CIO/CTO, del 27% degli IT manager e del 10% dei CEO. Perché? Chiaramente è una scelta che ha i suoi buoni motivi.
Iniziando dalla velocità d’implementazione, passando per la scalabilità delle prestazioni e finendo al controllo dei costi.
Non solo le aziende ma anche le pubbliche amministrazioni hanno ormai capito l’importanza di modelli di business efficienti e al passo con i tempi. Persino in Italia, un Paese la cui macchina amministrativa non brilla per efficienza e modernità ha deciso di “votarsi” al Cloud. Il ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale Vittorio Colao ha presentato la “Strategia Cloud Italia”, le linee guida per l’implementazione e il controllo dei servizi cloud all’interno della Pubblica Amministrazione. Obiettivo della Strategia è porsi come “metodologia implementativa” dell’approccio “Cloud First” per la Pubblica Amministrazione, volto, cioè, a favorire un’adozione sicura, Cloud native, e completa delle tecnologie Cloud per le amministrazioni pubbliche. Della necessità per le amministrazioni pubbliche di adottare un approccio “Cloud First” se ne discute da anni e (pare) stia lentamente diventando realtà. Insomma, se ce la farà la pubblica amministrazione italiana, il Paese più “vecchio” d’Europa, possono farcela le centinaia di aziende piccole, medie e grandi a guardare al presente essendo già proiettate nel futuro.